Il Carattere dei versiliesi

Pietrasantini, Fortedeimarmini, Seravezzi e Stazzemesi, inoltre Viareggini e Camaioresi

La Versilia come sapete è formata da quattro Comuni, ognuno con il suo dialetto ma anche con il suo carattere.
Ogni frazione ha il suo campanile ed è fiera delle sue caratteristiche, la gente è sicuramente ospitale ed arguta, ma per esempio non azzardatevi mai a dire "viareggino ad un "pietrasantino" e viceversa.

Scoprite il carattere delle varie popolazioni versiliesi e non:

Il Pietrasantino

Un detto popolare recita: "Quando un forestiero arriva a Pietrasanta ed assaggia l'acqua del Marzocco non se ne va più via". E sapete perchè? "L'acqua del Marzocco é cordiale, fresca, genuina e schietta come lo é il pietrasantino".

Da un pietrasantino non sarete delusi, riceverete ospitalità, (ma non cortesia che è cosa assai minore e diversa della vera e schietta ospitalità), non sentirete parlar bene di sè (rara virtù delle genti), vi lascerà parlare, saprà dimostrarsi buono qual è sua natura, e non ve la prendete se una sua battuta pungente o sarcastica vi offenderà, in tal caso sarà da voi mal compresa.

Qui a Pietrasanta siamo un po' tutti matti e fatti a modo nostro (e ce ne vantiamo), ma in fondo siamo pacifici. Il pietrasantino non ha niente a che fare con tutti i paesi limitrofi. "Cosa abbiamo a che fare noi con i viareggini che sono tutti loro e se potessero..., cosa abbiamo da spartire con noi Forte dei Marmi o Camaiore? Persino la nostra Marina per esempio è già un'altra cosa e chi alla Marina è nato o vissuto ragiona diversamente da noi pietrasantini". Il pietrasantino non parla male della Marina ma il marignoccolo parla male di noi e ci guarda con distacco.

Noi non lo diciamo ma siamo artisti e con la lavorazione del marmo portiamo il nome di Pietrasanta in tutto il mondo. Il marmo forse è quello che nei secoli ha forgiato la nostra personalità. La caratteristica principale del nostro popolo è l'innata vena polemica.

Qualcuno afferma che andremmo alla partita per veder perdere il Pietrasanta calcio e poterne parlare male. Forse ciò è esagerato, ma resta il fatto che tutto quello che nasce, alla fine muore proprio per colpa di un eccessivo spirito polemico nostrano. Sono gli stessi promotori dell'iniziativa che ad un certo punto mandano tutto a carte quarantotto, magari per ricominciare dopo qualche tempo.

Se volete un consiglio, evitate di chiamare un pietrasantino come "pietrasantese", perchè l'espressione é ritenuta appartenere a gente aristocratica, che non ha niente a che fare con un blocco di marmo ed un fiasco di vino (possibilmente rosso, pieno al mattino e vuoto la sera).

Qui a Pietrasanta tutti hanno un soprannome, (Taffaria, Coccone, Mollo, Cacafoco, Gigi Gatti, Domè della Morte, Gì di Zampa, Stioppo, Gnoppino, Gibbello, Piè di Culo, ecc. ecc.). Non vi offendete se dopo qualche tempo vi sentirete chiamare con un nome che non vi appartiene, ciò potrà significare che anche voi sarete dei nostri.

Il Fortedemarmino

Agli inizi del 1900, Forte dei Marmi si costituiva Comune autonomo, solo ottanta anni prima la zona era spiaggia deserta assediata a monte dagli acquitrini.

La storia di Forte dei Marmi è rappresentata dalle sue incessanti trasformazioni e la continua immissione di gente nuova, ciò ha determinato l'incontro e lo scontro di culture e tradizioni diverse.
Da queste esperienze ne deriva una vena polemica ed irascibile, da cui se ne distinguono da tutto il resto della Versilia, ne seppe qualcosa il primo sindaco del Forte, il pietrasantino Adriano Ricci, costretto alle dimissioni in poco tempo.

Il carattere composito della popolazione fortedemarmina in ogni caso aiuta il turista a sentirsi a proprio agio, in fondo non può sentirsi estraneo, chi è qui è solamente un estraneo arrivato prima.

Il Seravezzino

Vincenzo Santini, scultore e storico pietrasantino disse: "Non possiamo negare che Seravezza fosse paese industre e glene diamo volentieri tutto il nostro elogio". Nel 1821 si decise di riattivare e potenziare l'escavazione del marmo dove tre secoli prima Michelangelo aveva scoperto i marmi statuari, si riaprì la strada che per volere di Cosimo I conduceva ai piedi del Monte Altissimo. Le crescenti possibilità di occupazione, il grande movimento di capitale ed il miglioramento delle condizioni di vita modificarono profondamente lo stile di vita dei seravezzini, che divennero dei gran signori.

Il territorio di Seravezza è vasto e mutevole, costellato da tanti piccoli paesi che un tempo erano comunità ben distinte.

  • Gli abitanti di Basati sono detti "Limaconi".
  • Quelli di Minazzana sono detti "Leccalumi" per un'esagerata dedizione al culto.
  • Quelli di Giustagnana sono detti "Stregoncelli".
  • Quelli di Fabbiano sono detti "Piastrellai" perchè fabbricavano piastrelle in marmo.
  • Quelli di Azzano sono detti "Carbonai". La leggenda narra che il paese fu benedetto con la coda del foionco intrisa nel fiele.
  • Quelli di Cerreta S. Antonio sono detti "Belli".
  • Quelli di Ripa sono detti "Fangosi".

Non è un caso che il Palio dei Micci sia sorto proprio qui, favorito dallo spirito campanilistico caratteristico di questa popolazione. Proprio questo campanilismo ha favorito lo spirito comunitario della contrada e reso gli abitanti gentili e disponibili all'ospitalità.

Lo Stazzemese

Non è possibile parlare di "gente di Stazzema" perchè il territorio è diviso in 16 frazioni che compongono il Comune, ognuna con la sua storia e le sue tradizioni.

Difficile ricongiungere in un solo carattere, in un solo atteggiamento verso la vita, gli abitanti di Ruosina (vicini alla pianura) con quelli di Arni (vicini alla Garfagnana).

I più cattivi dicono che la caratteristica che li accomuna è l'incapacità di farsi gli affari loro, questo deriva dalle piccole dimensioni dei borghi, ma può essere visto anche come qualcosa di positivo, che nasce dalla solidarietà e dalla consapevolezza che l'unione fa la forza.

Naturalmente non può mancare lo spirito campanilistico, specialmente per quanto riguarda i paesi più vicini, Pomezzana contro Stazzema, Pruno contro Volegno, ecc..

Nel 1887 fu costruito il campanile della chiesa di Volegno, in una delle pareti della torre sono effigiati "Cecchetto", "Porrino" e "Pistone"; cosa fecero di tanto eroico per essere ricordati ad imperitura memoria? Niente, loro, muratori di Pruno, si rifiutarono di partecipare all'erezione del campanile. Ad eterno ludibrio il paese fece scolpire le tre facce e le fece murare appunto nel campanile.

Ancora oggi per rivaleggiare tra le varie contrade, oltre al Palio si usa lo sfottò, una poesia recita così:

Scendi dal monte o seravezzino, quaggiù nel piano si sta' benino.
Abbiamo strade coi marciapiedi, abbiamo il treno che tu non vedi.
Abbiamo il mare assai vicino, vieni a vederlo o seravezzino.
Se tutto questo è una bellezza, certo dimentichi la Seravezza,
dimentichi feste grosse e piccine e le simpatiche seravezzine.
Siam rudi è vero, ma il nostro odore non è di lezzo ma di sudore.
Se poi tu imprechi che il mondo è brutto, vieni a Querceta, troverai tutto.

Io ti ringrazio del tuo richiamo ma non l'accetto, o quercetano.
Pure portandoti ogni rispetto poichè siam nobili come ci hai detto,
come viviamo e come siamo tu ben conosci, o quercetano.
I nostri marmi che qui scaviamo, poi nei tuoi studi te li mandiamo,
ma l'acqua fresca e l'aria pura tu te la sogni nella pianura.
Da voi la gente ci passa in fretta mentre quassù ben si diletta
Fra i nostri monti e le colline e le simpatiche seravezzine.
Risali dunque su dal tuo piano, torna tra noi o quercetano,
perchè due ore di allegrezza puoi sol trascorrerle a Seravezza.
Qui carnevali, feste e festini, globi aerostatici, o cittadini.
Ed io t'aspetto qui fra gli uccelli mentre mi firmo Angiol Battelli.

Il Camaiorese

CAMAIORESI: SETTE FACCE MA NON VOLTAGABBANA
In Versilia, quando si parla dei camaioresi, si dice che questi hanno sette facce. Perche?

Qualcuno potrà credere che sia gente voltagabbana ma non è cos", tutt'altro! L'appellativo va interpretato come abitante di una comunità non omogenea.

Infatti, c'è il camaiorese della vallata, quello montanaro, quello della collina, il pianigiano e il marinaro. Ognuno ha una sua origine e cultura diversa, però accomunata da uno spirito d'adattamento, voglia di lavorare e saggezza. Spirito libertario ma non ribelle. Il camaiorese non ama essere né gendarme né brigante. In passato hanno provato la fame e questa si sa aguzza l'ingegno, da qui ne deriva l'arte di arrangiarsi. Così i camaioresi si sono fatti furbi, si sono chiusi in loro stessi e per quanto possibile non amano sfoggiare i loro beni.

I difetti? Quello maggiore è il mugugno, non c'è niente che le vada a genio, come per buona parte dei versiliesi, il camaiorese è bastian contrario. Ciò deriva dall'innato individualismo.
I pregi? Tra le virtù essenziali spicca la bontà.

Altra cosa sono gli abitanti di Lido di Camaiore, comunità fondata da due colonie, una di Metato ed una dell'Alta Versilia. A queste persone il salmastro ha fatto dimenticare l'odore delle ginestre ed il sapore delle castagne.

Il Viareggino

Questo popolo deriva dall'incrocio di genti diverse trovatesi quasi per caso in un lembo di terra per secolo inabitabile ed inabitata. Genti tenaci nel dissodare terreni avari o affrontare i rischi di lunghe navigazioni, La gente di Viareggio non è dunque autoctona ma proprio per questo ricca di tanto sangue, impastata di molti vizi e di molte virtù.

La gente di Viareggio è dunque gente d'esperienza e pronta a far la valigia in ogni momento (lo dimostra il proliferare d'agenzie immobiliari).

La gente del posto è individualista e generosa, abituata a far da sé e cosciente del fatto che quando si è sul peschereccio, se non ci si aiuta ci si perde senza rimedio. Ciò porta anche agli eccessi, come le litigate tra le varie associazioni di volontariato per salvare un ferito o fra bagnini per fare un salvataggio in mare.

Da una sana rivalità con i cugini lucchesi, ritenuti parsimoniosi all'eccesso, il viareggino è spendaccione e di manica larga. "Il viareggino tanti ne ha quanti ne spende".

Molti viareggini lavorano un'estate intera per "levarsi una soddisfazione", infatti, non sono pochi quelli che dopo "aver fatto la stagione" come bagnino, cameriere o buttafuori, si ritrovano a Parigi o a Bangkok a spendere fino all'ultimo centesimo.

I non viareggini dicono: "A Viareggio tre cose in abbondanza; acqua, rena e ignoranza". Non si può negare che in questo detto ci sia un fondo di verità, ma in fondo l'ignoranza non è altro che un modo di fare, cioè il non andare troppo per il sottile. Il viareggino è schietto e per questo può sembrare sgarbato e ignorante (che significa maleducato). La schiettezza in ogni modo ha per contrappeso la disponibilità e l'ospitalità, non tanto quella a pagamento per i turisti, ma quella riservata agli amici, non importa se di lunga data o di pochi minuti.

@ Pier Luca Mori 2024

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Camaiore, Lucca (Italy)