Tana della Volpe

La Tana della Volpe e le origini della Versilia.

La Tana della Volpe e le origini della Versilia

La Tana della Volpe ha numero di catasto 166 T. LU (G. Cappa 1956). Si trova in località Monte Preti presso il Molino Bramanti a Valdicastello Carducci.

La posizione geografica è Long. 2° 12' 10'', Lat. 43° 56' 53'', quota 60 mt. s.l.m..

Si apre ai piedi di una parete rocciosa sulla sinistra del Torrente Baccatoio, circa 25 m. più in alto del letto del torrente.
Si tratta di un riparo sotto roccia lungo 15 m dalla cui parte superiore si stacca un cunicolo lungo circa 10 m, piuttosto angusto, che termina con una saletta in cui si trovano alcune belle concrezioni. Nel riparo si notano tracce di terrazzamenti sostenuti da muri a secco di età recente. Lungo le pareti compaiono lembi di breccia contenente resti ossei mentre un grosso blocco di breccia è sospeso al centro della volta.
Le ricerche nella grotta sono iniziate nel gennaio 1962 col recupero di alcune ossa di cervo e di capriolo dalla breccia e sono proseguite saltuariamente fino al novembre dello stesso anno. In questo periodo è stata praticata una trincea al centro della grotta, nel senso della lunghezza, che raggiunse circa 2 m di profondità (Trincea A).
Nel novembre del 1962 e nell'aprile del 1963 vennero condotte due campagne di scavo sotto la direzione dell'Istituto di Antropologia e Paleontologia Umana dell'Università di Pisa e furono praticate due trincee perpendicolari alla trincea A {Trincea B e Trincea C) e si proseguì lo scavo nella trincea A fino a raggiungere la profondità di circa 5 metri.
Questi saggi di scavo hanno messo in evidenza la seguente serie stratigrafica dall'alto verso il basso: Formazione di terreno nerastro relativamente sciolto con spessore che raggiunge i 50 cm in corrispondenza del centro della volta, mentre si riduce a zero sia verso l'esterno che verso le pareti; contiene resti molto recenti .
Formazione costituita da argilla giallo-biancastra con abbondante pietrisco e grosse pietre, fortemente inclinata dall'interno verso l'esterno e contenente resti ossei di animali; spessore variante da m 2,50 a m 1,80; in più punti appare sconvolta da ampie buche che la interessano per buona parte dello spessore nelle quali furono rinvenuti materiali del neolitico, dell'eneolitico e di età storica .
Formazione di argilla rossa molto compatta con scarso pietrisco sterile, esplorata per circa 3 metri.


I resti archeologici

Provengono tutti dalle buche della formazione B per cui non esiste nella stratigrafia una successione di livelli culturali. Data questa situazione, solo per pochi elementi è possibile una classificazione di ordine culturale.


La ceramica

Sei frammenti di ceramica rosso-bruna fine, lisciata e in due casi lucidata. Frammento di parete di vaso cori piccola parte del fondo, di ceramica rosso-bruna lisciata, recante striature irregolari oblique sulla superficie. Piccolo frammento di vaso di cerpmica rossastra con orlo diritto assottigliato. Frammento di probabile vaso a fiasco di ceramica fine bruno-nrrastra, conservante parte dell'alto collo cilindrico il quale reca piccole tacche irregolari alla sommità; esso ricorda genericamente tipi eneolitici, in particolar modo quelli della cultura di Rinaldone.
Frammento di vasetto in ceramica grossolana nerastra liscia con breve collo cilindrico, orlo piatto e corpo forse globulare; sulla spalla reca una fila orizzontale di impressioni triangolari allungate con vertice rivolto in basso. II tipo di ceramica e di decorazione sono simili a quelli delle ceramiche di Grotta all'Onda.
Frammento di ceramica nerastra lisciata con orlo fortemente riverso e leggermente ripiegato in basso; la superficie esterna è scabra a causa di larghe striature.
Frammento di olletta di ceramica rossastra con orlo riverso con segni evidenti di fattura al tornio.
Sferetta di terracotta, simile alle sfere rinvenute nella Grotta della Guerra in Garfagnana, nella Grotta del Pastore presso Toirano e nella Grotta del Tanaccio, sempre in complessi chiaramente eneolitici.


L'industria litica

Cuspidi di freccia n. 3
Una, rotta all'apice, ha peduncolo triangolare e alette poco pronunciate rivolte verso il basso, presenta accurato ritocco bifacciale invadente completamente le due facce; una con peduncolo centrale e alette diritte ha accurato ritocco invadente bifacciale; la terza, con peduncolo centrale che tende ad ingrossarsi verso la base e alette diritte ha ritocco invadente che non occupa l'intera superficie sulla faccia dorsale e ritocco invadente limitato all'apice e al peduncolo sulla faccia opposta. Tutti e tre gli esemplari rientrano nei tipi di cuspide propri dell'eneolitico.
Lame e lamette non ritoccate n. 3
Sono due lamette e una lama con sbrecciature d'uso.
Lame, lametta e scheggia ritoccate n. 5
Una lama presenta ritocco invadente parziale su un margine ed erto parziale sul margine opposto e ad una estremit^ e ricorda tipi eneolitici; un altra ha ritocco parziale scadente che tende ad essere denticolato sui due margini, una terza ha ritocco minuto parziale inverso; la lametta presenta ritocco erto parziale diretto e infine la scheggia laminare conservante cortice parziale reca ritocco minuto totale su un margine.
Schegge di ravvivameuto di nucleo n. 2


Oggetti vari

Sono state rinvenute tredici tessere rettangolari di mosaico di pasta vitrea, di cui dieci di colore arancione e tre di colore rosso, un chiodo e una lamina ripiegata di ferro, tutti di età non precisabile.


Resti umani

Tutti gli ottanta frammenti di ossa umane provengono dal livello B e appartengono a sepolture completamente sconvolte; si tratta di falangi e di ossa lunghe in frammenti.


La fauna

E' stato possibile riconoscere la presenza delle seguenti specie:
Crocidura leucodon Hermann n. 14
Erinaceus europaeus L. n. 6
Canis sp. n. 35
Vulpes vulpes L. n. 15
Meles meles L. n. 208
Putorius purorius L. n. 2
Felis sp. n. 10
Lynx lynz L. n. 3
Felis pardus L. n. 7
Lepus europaeus Pallas n. 17
Elyomys quercinus L. n. 5
Glis glis L. n. 21
Evotomys glareolus Schreber n. 2
Microtus arvalis Pallas n. 10
Arvicola terrestris italicus Savi n. 140
Pitymys Savi n. 2
Apodemus silvaticus L. ,n. 12
Epimys alexandrinus Geoffroy n. 11
Sciurus vutgaris L. n. 1
Marmota marmota L. n. 1
Sus scrofa L. n. 8
Cervus elaphus L. n. 4
Capreolus capreolus L. n. 28
Bos sp. n. 2
Ovis vel Capra n. 5
Equus caballus L. n. 4
Rana temporaria n. 13
Bufo bufo n. 10
Testudo sp. n. 1
Quasi tutti i resti provengono dal livello B il quale si è formato per il disgregamento delle pareti, della volta e dei lembi di breccia pleistocenica ad esse aderenti. E' quindi naturale l'associazione di specie pleistoceniche con faune di epoche più recenti o addirittura attuali come l'Epimys; non è tuttavia possibile distinguere, in base al grado di fossilizzazione, i resti provenienti dalla breccia da quelli degli animali che frequentarono la grotta mentre questo deposito si andava formando. I resti di capriolo e di cervo sono stati asportati dai lembi di breccia in posto ed è verisimile che anche i resti di leopardo, lince e marmotta rinvenuti nella formazione B facessero parte in origine della breccia.


Conclusioni

I caratteri del deposito, i resti faunistici e quelli archeologici permettono di ricostruire in parte la storia di questa grotta. La formazione a terra rossa, originatasi all'esterno durante una fase di clima caldo, venne depositata nella grotta in un periodo durante il quale sul versante della montagna non doveva esistere vegetazione. Essa costituiva un cono di notevoli dimensioni perchè a circa 25 m al di sotto della grotta esistono ancora alcuni lembi concrezionati e che sono pertanto rimasti in posto dopo il cambiamento della morfologia della sottostante valle. Poichè questo deposito è completamente sterile non è possibile trarre conclusioni di ordine cronologico. Successivamente sul cono di imboccatura della grotta a terra rossa venne ad adagiarsi una formazione a pietrisco misto ad argilla giallastra costituita in parte da materiali provenienti dal versante e in parte, con ogni probabilità, da quelli che vi affluivano dai cunicoli. Ancora oggi, infatti, dai cunicoli fuoriesce argilla mista a scarso pietrisco. Si tratta, comunque, di un deposito formatosi in un clima di tipo continentale, riferibile pertanto, in base anche alla fauna, ad uno dei cataglaciali nell'ambito della glaciazione würmiana. Di questo deposito rimangono oggi solamente pochi lembi cementati sulle pareti e sulla volta perchè, in seguito al cambiamento della morfologia nella vallata sottostante per lo spostamento del corso d'acqua verso sinistra, ebbe luogo l'asportazione del deposito di argilla rossa e il conseguente parziale, se pur sensibile, svuotamento del riempimento della grotta a spese della formazione a pietrisco e terra giallastra e di quella a terra rossa. Essa si presenta come un piano inclinato dall'interno verso l'esterno mentre l'inclinazione in origine doveva essere in senso opposto. Sulla superficie a terra rossa venne ed accumularsi la formazione B costituita, come si è detto, in gran parte dall'apporto di materiali dovuti allo sgretolamento delle pareti e dei lembi di breccia ad esse aderenti. Poichè in questa formazione sono contenuti resti di numerose sepolture eneolitiche è evidente che questo deposito ebbe inizio in un periodo antecedente all'eneolitico, inizio che, in considerazione della situazione climatica propria del neolitico, saremmo portati a situare in una fase pre-neolitica. Questo deposito continuò a crescere anche in epoche successive sino alla piena età storica, sia per apporto di materiali ad opera dell'uomo, sia per ulteriore sgretolamento della breccia e della volta. Durante l'eneolitico la grotta venne probabilmente adibita a luogo di sepoltura e a questa età vanno riferiti i resti umani rinvenuti nel deposito B. Purtroppo, poichè provengono dalle parti sconvolte del deposito, è impossibile stabilire se si trovassero in tombe vere e proprie oppure se la grotta fosse adibita semplicemente ad ossario. Il confronto con i resti di quest'epoca ritrovati in molte grotte e spaccature della Toscana, quali la Buca delle Fate di Montetignoso (G. A. CottaI, 1898 pag. 15; 1899 pag. 44]), la Grotta del Castello di Vecchiano (R. GatsoaL [1962]) le grotticelle delle Pianacce (N. PucetoNt, [1915]), la Grotta del Tambugione (N. PilectoxI [ 1915]) e Punta degli Stretti. (A. Mitnto [1912]), farebbero propendere per quest'ultima ipotesi.

 

Tratto da: Bruno Antonucci, i suoi taccuini. Scoperte archeologiche in Versilia 1961 - 1991. Edito dalla Banca di Credito Cooperativo della Versilia. Autore Deborah Giannessi. Tipografia Graficatre, Ripa di Seravezza, Ottobre 2000.

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